Una leggenda argentina per la buonanotte

aa9a065.pngHo tradotto questa volta  una bella leggenda argentina per augurarvi la buonanotte… 🙂

azucena-blanca

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Il giglio di bosco

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Molto tempo fa c’era una regione della terra dove l’uomo non era ancora arrivato. Un giorno passò di lì I-Yará (il padrone delle acque) uno dei principali aiutanti di Tupá (il dio buono). Si sorprese molto nel vedere spopolato un luogo così bello, e decise di portare a Tupá un pezzo di terra di questo luogo. Con essa, impastandola e dandole forma umana, il dio buono creò due uomini destinati ad abitare la regione. Poichè uno era bianco, lo chiamò Morotí mentre l’altro venne chiamato Pitá dato il suo colore rossiccio.

Questi uomini avevano bisogno di spose per formare le loro famiglie e Tupá diede l’incarico a I-Yará di impastare due donne.

Così fece il Padrone delle acque e poco tempo dopo entrambe le coppie vivevano nel bosco felici e contente, gioendo delle bellezze del luogo, cibandosi di radici e frutti e dando alla luce figli che aumentavano la popolazione di questo luogo, amandosi tutti e aiutandosi gli uni con gli altri. In questo modo avrebbero continuato sempre se un fatto casuale non avesse cambiato il loro modo di vivere.

Un giorno in cui Pitá tagliava frutti di  carrubo apparve vicino ad una roccia un animale che sembrava volesse assalirlo. Per difendersi, Pitá prese una gran pietra e gliela lanciò contro con forza, ma invece di colpirlo, la pietra batté contro la roccia e schiantandosi si sprigionarono alcune scintille.

Questo era un fenomeno sconosciuto fino allora e Pitá, vedendo il bell’effetto prodotto dallo scontro delle due pietre ripeté tante volte lo stesso gesto, fino a convincersi che sempre si producevano le stesse vistose luci. In questo modo scoprì il fuoco.

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Una volta, Morotí per difendersi, dovette uccidere un cinghiale e dato che non erano abituati a mangiare carne non seppe cosa farne dopo. Vedendo che Pitá aveva accesso un gran bel fuoco, pensò di lanciarvi l’animale morto. Poco dopo si sprigionò dalla carne un profumo che a Morotí parve appetitoso e l’assaggiò. Non si era sbagliato: il gusto era così gradevole come l’odore. La diede ad assaggiae a Pitá ed alle loro mogli e a tutti parve molto saporita.

Da quel giorno disprezzarono le radici e i frutti a cui erano sempre stati così affezionati fino allora e si dedicarono a cacciare animali per mangiare. La forza e l’agilità di alcuni di questi li obbligarono ad acuire la loro intelligenza e genialità per costruire delle armi con cui riuscire a sconfiggerli e difendersi dai loro attacchi. Così inventarono l’arco, la freccia e la lancia.

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Fra le due famiglie nacque una rivalità che nessuno avrebbe creduto possibile fino ad allora: la quantità di animali cacciati, la maggior destrezza dimostrata maneggiando le armi, la miglior mira… tutto fu motivo di invidia e discussione fra i due fratelli.

E così grande fu il rancore, tanto l’odio che arrivarono a sentire gli uni contro gli altri, che decisero di separarsi e Morotí con la sua famiglia si allontanò dal bel luogo dove erano vissuti uniti finché l’avidità, cattiva consigliera, s’incaricò di separarli. E scelse per vivere l’altro estremo del bosco, dove non poteva  giungergli nessuna notizia di Pitá e della sua famiglia.

Tupá dicise allora di punirli. Lui li aveva creati fratelli perché, come tali, vivessero amandosi e gioendo di tranquillità e benessere, ma loro non avevano saputo corrispondere a così grande favore e dovevano subirne le conseguenze.

La punizione sarebbe servita di esempio per tutti quelli che da quel giorno in poi avessero dimenticato che Tupá li aveva messi nel mondo per vivere in pace e per amarsi gli uni con gli altri.

L’alba dell’indomani della separazione minacciava temporali. Nuvole nere si intravvedevano fra gli alberi ed il tuono faceva rabbrividire con il suo sordo boato. I lampi percorrevano il cielo come vipere di fuoco. Piovette abbondantemente per parecchi giorni. Tutti videro questo come un oscuro presagio. Dopo tre giorni trascorsi in questo modo, il temporale passò.

Una volta schiarito, si vide scendere da un carrubo del bosco, un nano con un’enorme testa e lunga barba bianca. Era I-Yará che aveva preso quell’ aspetto per compiere l’ incarico di Tupá. Chiamò tutte le tribù dei dintorni e le radunò in una radura del bosco. E disse loro:

Tupá, il nostro creatore e padrone, mi invia. E’ pieno di  collera vedendo l’ingratitudine degli uomini. Lui vi ha creati fratelli perchè la pace e l’amore guidassero le vostre vite… ma l’avarizia ha preso il sopravvento sui vostri buoni sentimenti e vi siete lasciati trascinare dall’intrigo e dall’invidia. Tupá m’invia per farvi fare la pace: Pitá! Moroti! Abbracciatevi, Tupá lo ordina!

Pentiti e pieni di vergogna, i due fratelli si unirono in un abbraccio, e tutti quelli che erano presenti videro che, poco per volta, perdevano le loro forme umane e ogni volta più uniti, divennero un tronco che cresceva e cresceva….

Questo tronco divenne una pianta da cui nacquero bei gigli viola. Man mano che il tempo trascorreva, i fiori perdevano il loro colore, schiarendo fino a diventare completamente bianchi. Erano Pitá (rosso) e Morotí (bianco) che, divenuti fiori, simboleggiavano l’unità e la pace fra fratelli.

Questo arbusto, creato da Tupá per ricordare agli uomini che devono vivere uniti nell’amore fraterno, è il “giglio di bosco”.

fonte

…pensiero di domenica

prendersi-con-leggerezza

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La ragione per cui gli angeli sanno volare è che si prendono con tanta leggerezza.

(G. K. Chesterton)

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sclero…risolto!!

0003a seee Finalmente grazie ai solerti e gentili utenti del forum inglese di supporto WordPress ho risolto… e tiro un sospirooone di sollievo 0004………. ma che pauuuuuraaa!! 138-cazzarola.gif

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